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Racconti da Marahan -> Psico-entità armoniche e non, di Pierfazz@IMM -> Logica, Psico-Scienza, Magia
Nelle mie intenzioni iniziali, quello che voi leggete come primo capitolo avrebbe dovuto essere un'appendice integrativa a solo usufrutto dei curiosi o di chi fosse interessato a questioni non prettamente inerenti questioni psicoscientifiche. Questo per due motivi fondamentali. Anzitutto perché io stesso al momento della prima stesura non avevo ancora pienamente digerito l'argomento e conseguentemente non ne avevo potuto apprezzare i pregi più nascosti ne le implicazioni più profonde, e, posso assicurarlo, anche più interessanti. In secondo luogo perché temevo che il 90 % dei lettori si sarebbe arreso prima di concludere questa prima parte, vuoi per la indigeribilità di cui sopra, vuoi per l'aspetto altamente esotico che esso avrebbe assunto agli occhi di un esperto del settore, scoraggiandolo nel proseguire. Ma nel frattempo sono invecchiato e ho abbandonato l'opera di ricerca, e il tempo a mia disposizione e aumentato incredibilmente. Questo mi ha permesso speculazioni più ampie, e, lo ammetto, anche più pretenziose. Inoltre il mio criticismo nei confronti delle nuove generazioni, come sempre capita quando si giunge ad un età avanzata, è drasticamente aumentato. In conclusione ho creduto che questa parte dovesse essere considerata fondamentale al pari delle altre, nonché fornire da test per l'elasticità mentale di chiunque iniziasse la lettura. Se vi sembrerà di leggere cose inutili fermatevi pure, questo testo non fa per voi.
Vi sono oggetti che indipendentemente dalla loro natura fuggevole o effimera o misteriosa, si sono talmente integrati nella nostra cultura da non richiedere prove particolari della loro esistenza. Nell'ambito delle psicoentità, basti ad esempio riferirsi ai rappresentanti più in vista della famiglia per rendersi conto di come la loro natura e la loro esistenza ci sembri cosa scontata e intuitiva. Nessuno si sognerebbe di contestare che la materia sia composta di Yineroni e Yangeroni, ne di mettere in discussione la natura di questi due costituenti fondamentali. Il perché può essere ricercato in molteplici direzioni. Una possibile spiegazione e che essi rispondano a una primigena intuizione insita nel nostro ragionare, o al contrario a una sorta di memoria primordiale che prevarichi il nostro raziocinio. Quindi, così come non mettiamo in discussione la nostra esistenza o quella del mondo che ci circonda, non neghiamo l'esistenza di oggetti che ci compongano. Uno scientista aggiungerebbe a suggello della sua affermazione, le varie prove sperimentali che ci dimostrano l'esistenza di due tipi di particelle di stessa complessità ma momenti psichici opposti contenuti in ogni oggetto materiale. Ma un pensatore logico potrebbe obbiettare che nessuna delle due ipotesi e sufficiente a provare qualcosa. Infatti a ben pensarci nessuna delle due osservazioni ci autorizza ad affermare che uno Yangerone esiste, o che uno Yinerone è uno Yinerone. Allo stesso modo un monaco pur non rifiutando l'idea che lo Yin e lo Yang compongano e governino tutte le cose che ci circondano potrebbero avversare l'intero corpus di leggi e applicazioni della psicoscienza, e anzi questa era pratica assai frequente nell'era pre-Kraxen. Eppure da quanto detto l'affermazione psicoscientifica che uno Yangerone esiste, se riformulata in modo opportuno, non sarebbe rifiutata da nessuna delle tre categorie sovraesposte, ma sarebbe però privata del suo significato iniziale. Questo significa, ad esempio, per un scienziato, che uno Yangerone risponde a leggi psicoscientifiche ma ahimé non lo obbliga a rispondere a principi logici. Potremmo quindi affermare, appellandoci a prove empiriche ben precise che uno Yinerone non può interagire materialmente con oggetti solidi, ma paradossalmente non potremmo giustificare l'affermazione che uno Yangerone non è un Yinerone. Questo concetto varierebbe infatti a seconda delle accezioni o del significato che volessimo dare alla parola essere, e alcune di queste non potrebbero essere legittimate se non dal buon senso. Ma questo purtroppo sembra variare da persona a persona e no può quindi essere preso come punto di riferimento universale. Per non aggiungere poi che, considerando come esso venga apparentemente dimenticato ai giorni d'oggi, nei prossimi anni potremmo assistere a vere e proprie guerre accademiche su quello che oggi ci appare un discorso quasi inutile e dettato da un eccessiva formalità logica. Ma ben lungi da essere causato da una scarsa elasticità o praticità, questo bisogno di unificazione risponde alla necessità di avere una teoria unificata che permetta una maggiore flessibilità applicativa e una maggiore estendibilità delle teorie psicoscientifiche e che potrebbe portare a progressi inimmaginabili.
N.d.T. Al contrario delle altre teorie, quella Noeliana è quella di cui si hanno ancora testimonianze precise. Tutti i testi a cui Chandekar si riferisce in questa sezione sono stati poi ritrovati. Essendo però proprio l'opera di Chandekar, l'unica prova concreta a suggello di queste teorie, esse non possono essere usate per provare l'autenticità delle ricerche di Chandekar.
Noel Alep, scienziato e grande viaggiatore fu tra i primi a inquadrare il problema di connessione tra psicoscienza, linguaggio e magia. Già nei suoi primi saggi egli propose soluzioni interessanti al problema, ma nessuna era risolutiva, perché nessuna si basava su di una definizione che sopravvivendo contemporaneamente nei tre regni agisse in maniera circolare, così da non avere nessun punto di partenza e da averne infiniti di arrivo. Non era cioè (così viene chiamata oggi) una "definizione armonica". Noel nel suo libro "È. È. È." scritto all'età di soli venticinque anni giunge però a una soluzione quasi definitiva : la cosiddetta triplice implicazione di Noel o definizione armonica unificatrice. La sua enunciazione è così elegante da spingermi a presentarla con tutti i dettagli, cosa che non ripeterò più nel corso del testo. Prima vorrei però spiegare li ragionamenti che ne sono alla base così da renderne più semplice la comprensione.
Ila coniugazione di "mondi" diversi è ostacolata dalla nostra limitazione umana di percepire come "oggetti" entità fisiche pienamente identificabili. Ciò si applica in una forma più complessa anche agli esseri umani. Prendiamo come esempio l'attuale regnante dell'impero orientale. Se io parlassi del suo corpo con una sua ammiratrice, mi riferirei a un oggetto che percepisco come inevitabilmente distinto dal resto degli oggetti che lo circondano. Il fatto che sia nel tatto che nella vista che nel dire "Aminur è un bell'uomo" i tre sopraccitati coincidano e vengano etichettati come "Aminur il regnante attuale in tutte le sue manifestazioni da me percepibili" non è un problema, perché sono stato programmato da chi mi creò a funzionare così. Allo stesso modo se ipoteticamente venissi a sapere che tutti e solo i regnanti in carica fossero composti di 1 Yinerone e due Yangeroni, non avrei problemi a aggiornare la voce Aminur con questa nuova definizione strutturale. In realtà, visto che Aminur è creatura senziente, qui entrerebbero in gioco questioni un po' più complesse, sulla sua personalità, e sul fatto che anche lo stesso Aminur riesca a fare una catalogazione di se stesso e che la sua catalogazione e la mia coincidano. Ma questo attualmente non è un nostro problema. Purtroppo però anche escludendo il carattere senziente il giochetto non funzionerebbe con le psico entità. Anzitutto perché noi non siamo stati "programmati" per catalogare Yineroni e parenti, e poi perché gli Yineroni non eleggono regnanti. Sarebbe difficile inoltre voler identificare una psico entità come lo si fa' con Aminur. Immaginiamo infatti di avere davanti un Naga aggregatore (una delle poche entità armoniche non senzienti sviluppabili in laboratorio). Noi potremmo dire un Naga aggregatore è quella cosa che si genera in quel tubo lucido affusolato che si trova nel laboratorio di Chandekar. Se poi qualcuno ci spiegasse il lato psicoscientifico del fenomeno e che il tubo argentato è un invertitore armonico di fase noi non faremmo altro che aggiornare le informazioni in nostro possesso. Ma così noi avremmo descritto UN Naga aggregatore, quello che abbiamo visto nel laboratorio di Chandekar. E' anche ammesso che ne ripetessimo la definizione psicoscientifica, essa non soddisferebbe un monaco. Eppure molti di loro in passato hanno visto di queste creature officiando invocazioni di divinità molto potenti, gli hanno dato un nome e hanno archiviato. Se voi parlaste con uno di essi egli si limiterebbe ad aggiornare. Ma gli altri?
Eppure in natura sembra tutto così facile, le cose hanno una serie di parallelismi che si manifestano a più livelli, allora perché non appellarsi a questa possibilità di lasciar fare a lei. È già un primo passo, ma ne ho lasciato in sospeso un altro. Come potremo distinguere "Unoyinerone" da "Uno Yinerone". La soluzione sta nel basarsi su quelle che a me piace chiamare definizioni per riflessione. Esse definiscono gli oggetti senza conoscerne la natura. È come se invece di catalogare Aminur dopo averlo visto, io memorizzassi TUTTE le proprietà (anzi tutte e solo quelle) che un eventuale Aminur Dovrebbe Avere. L'insieme di tutte le qualità è Aminur e viceversa. E così se io vedessi Aminur, vedrei un Aminur, ma visto che esso è l'insieme di tutte le sue qualità (è uomo, è Re, e per la mia amica magari è anche bello) esso è Aminur. In questo caso il fatto che Un Aminur coincida con Aminur potrebbe sembrare un caso fortuito, ma in realtà lo vedremo valere per un ampia categoria di oggetti definiti per riflessione.
Noel, ben più brillante della maggior parte degli psico-teorici attuali intravide fin da subito la possibilità (e i suoi primi scritti lo dimostrano) di una formalizzazione di questo tipo. Superati i problemi inizialmente causati da un approccio che nessuno aveva mai tentato prima, Noel risolse presto la questione, spingendosi ben oltre. Nel tentativo non si limitò alla descrizione ma si spinse ben oltre. Nei suoi scritti più maturi Noel Basandosi sulla teoria formata da lui stesso ben dieci anni prima, riuscì a dimostrare la possibile esistenza (almeno in teoria) di dei passaggi dimensionali che connetterebbero la nostra realtà ad altri mondi paralleli. La maggior parte del mondo scientifico tenne in poco conto questi scritti giudicandoli banali fantasticherie, visto che non vi era nessun riscontro di quanto affermato da Noel, nella biblioteca sinaptica rinvenuta nell'anno zero. In più non vi erano prove vere e proprie dell'esistenza di tali cunicoli e men che meno di universi paralleli. Destino volle perciò che il nome del brillante Barianoriano venne dimenticato fino all'inizio di questo secolo. Nei primi anni in cui mi accingevo alla ricerca, infatti, l'unificazione totale di Kraxen scosse le basi del mondo psicoscientifico riuscendo a dimostrare l'equivalenza totale tra scienza e religione. Sebbene io stenti tuttora ad accettare per veri i ragionamenti del sommo scienziato di Eartara (mi soffermerò meglio sull'argomento nel prossimo capitolo), la maggior parte dei miei colleghi furono entusiasti del raggiungimento di tale risultato. La cosa buffa e che così si aveva avuto la prima dimostrazione diretta dell'esistenza di un mondo "parallelo". Era quello in cui dimorano le divinità. Fu così che parte degli scritti di Noel vennero sottoposti a nuove letture, e fu così che ne venni a conoscenza anche io. Sebbene molti abbiano accantonato quasi subito il rinato corpus teorico, in molti altri casi esso si è dimostrato indispensabile per la soluzione di alcuni casi cruciali, fra i quali va annoverata anche la mia ricerca sulle entità massificate. Come sarà spiegato infatti nella parte conclusiva di questo manoscritto, proprio l'esperimento che mi appresto a condurre con la mia troupe di ricercatori, potrebbe essere una definitiva conferma della teoria armonica di Noel.
Dopo questa breve digressione pseudo storica siamo pronti a entrare nel cuore della teoria Noeliana. Prego tutti i non avvezzi a lavorare con sistemi formali di non scoraggiarsi alla vista delle non poche definizioni che sto per dare. Abbiate un po' di pazienza, ne varrà la pena.
Immaginiamo inizialmente di voler creare un nostro "universo", ovvero un mondo, che può essere reale o no, concreto logico o spirituale. Questo processo di formalizzazione del nostro mondo va però affrontato con molta cautela. Dovremo appellarci infatti, prima o poi all'intuizione o finiremo persi in una serie di definizioni senza fine. Ciò infatti è connesso con l'intelligenza stessa dell'uomo. Immaginiamo per esempio di voler definire un oggetto nel nostro sistema. Potremmo dire che esso è un oggetto ce ha la proprietà di essere di per sé. A questo punto però dovremmo definire che cosa significa essere. Dovremmo passare allora ad un altro sistema che annoveri tra i suoi oggetti l'essere. Potremmo ad esempio dire che l'essere è l'unico oggetto che si applica su se stesso. Ma a questo punto dovremmo definire l'applicarsi, e anche che cos'è un oggetto in questo nuovo sistema. Saremmo perciò in balia di un processo infinito. In realtà in certi casi siamo fortunati, perché il nostro cervello, seppur con difficoltà riesce a concepire processi infiniti, qualora non si esageri. Ad esempio potremmo definire l'essere così : partiamo dal dire l'essere è, a questo punto dobbiamo definire è. Credo di poter dire con tranquillità che è "è", e di non dover aggiungere altro. Ammettiamo dunque di aver definito che cos'è una proprietà di un sistema. Potremo dire che l'essere è quella proprietà che definisce se stessa. Per definire l'essere diciamo infatti che l'essere è. Ma è, "è" e dunque ha le stesse proprietà di essere. Perciò nel mondo delle proprietà essere ed è coincidono. Basterà quindi applicare all'infinito essere per definirlo completamente. A questo punto avremmo quasi tutto ciò che ci serve Per creare degli oggetti (essi sono, e hanno delle proprietà), ma in realtà seguiremo una strada un po' diversa. Non faremo altro che lasciare all'intuizione un concetto fondamentale e definire tramite esso le proprietà. A questo punto per vere il nostro mondo non dovremo fare altro che scegliere le proprietà (che dovranno ubbidire alla definizione data) che avranno senso nel nostro mondo. Dovremo però appellarci, per quanto detto sopra, alla possibilità di affermare l'esistenza di alcuni oggetti senza alcuna dimostrazione. Questi saranno i mezzi. Intuitivamente, descriviamo i mezzi come degli oggetti, tramite i quali possiamo esprimere oggetti "esterni" al nostro sistema. Praticamente parlando i mezzi non sono altro che immagini del mondo reale che hanno lo scopo di associare a qualcosa che non posso descrivere altrimenti, concetti a me più familiari. Ad esempio le definizioni psicoscientifiche o le parole sono mezzi. Per come li abbiamo costruiti, i mezzi devono poter essere in relazione con altri mezzi. Più precisamente (se ci riferiamo alle entità logiche) un attributo di un oggetto sarà in relazione con un mezzo diverso da se stesso (cioè un oggetto) mentre l'oggetto (inteso come ciò che è) è in relazione con se stesso.
Ogni sistema ha al suo interno un mezzo che chiameremo essere. Esso è l'unico mezzo che può essere applicato su se stesso.
Un mezzo si dice dipendente se non può essere applicato su se stesso.
Si dice proprietà un mezzo dipendente che sia applicabile ad un altro mezzo dipendente.
Si definisce insieme la somma di un numero qualsiasi di mezzi. Ogni insieme creato dai mezzi dell'insieme di partenza è detto interno dell'insieme di partenza. Un insieme che contenga tutti i mezzi dell'insieme di partenza è detto esterno
Ad esempio tornando alle discussioni precedenti, abbiamo che "uomo" è un interno Di Aminur e che l'umanità è un esterno di Aminur. Ovviamente un insieme qualsiasi è contemporaneamente interno e esterno di se stessa.
È detta riflessione un oggetto che contenga essere e almeno una proprietà.
Più in particolare una riflessione che contiene una sola proprietà sarà detta riflessione semplice.
Una che ne contiene due bi-Riflessione e così via.
Quanto detto sugli insiemi a proposito di esterno e interno si applica anche alle riflessioni. In particolare potremmo definire una riflessione come un insieme di proprietà esterno ad essere.
Per sistemi non banali (sistemi che contengano almeno due mezzi) si hanno i seguenti risultati:
Un sistema non banale contiene almeno una bi-riflessione
Per prima cosa infatti abbiamo che un sistema non banale deve avere almeno un evento dipendente. Se così non fosse tutti i mezzi potrebbero essere messi in relazione con se stessi. Ma allora, essendo essere unico, il sistema sarebbe costituito solo da essere, e sarebbe quindi banale. Ammettiamo quindi che un sistema non banale abbia solo un evento dipendente (in realtà il numero può essere un numero qualunque). In questo caso, essendo tutti gli altri eventi non dipendenti esso o non è un mezzo (cioè non è in relazione con nessun altro mezzo) ma in questo caso non sarebbe una proprietà, oppure esiste un altro mezzo autonomo con cui poterlo mettere in relazione. Ripetendo questo ragionamento per l'altro mezzo autonomo abbiamo che anche questo è una proprietà. Quindi in conclusione il nostro sistema ha almeno una bi-riflessione.
Notiamo ora che applicando questi ragionamenti generali a Aminur, avremmo proprio la definizione del regnante per riflessione. La multi-riflessione Aminur (dove multi è molto molto grande) corrisponde proprio con l'insieme delle proprietà (che in questo caso hanno il significato che a esse viene normalmente dato) ad esso associate. Esse perciò definiscono Aminur e anche un Aminur, come si voleva. Notiamo inoltre che perché il nostro universo contenga Aminur, esso deve contenere un numero pari almeno a multi +1 di proprietà.
Notiamo inoltre (ma non nei dettagli) che nella psicoscienza, nel piano logico, e in quello karmico le proprietà coincidono rispettivamente con le proprietà psico-armoniche, gli attributi non terreni, le caratteristiche di un entità logica. Si può dimostrare infatti che nei vari campi, queste, e solo queste, sono proprietà. Al contrario, i mezzi sono tutte le parole specifiche usate nei vari campi, e i termini con cui ci si riferisce agli oggetti di cui quella particolare scienza si applica.
Ora che sappiamo come definire vari sistemi vediamo come connetterli tra loro. Questo processo viene chiamata connessione riflessiva o connessione di Noel dal nome del suo inventore. Il trucco sta nel creare dei nuovi universi che taglino in tante fettine quelli che già abbiamo e sfruttare le proprietà che abbiamo elencato. Anzitutto è cosa importante che gli universi siano non banali e compatibili. Per compatibili si intende che gli oggetti reali di cui i mezzi sono immagine siano gli stessi. Se ad esempio costruissimo tre sistemi diversi che descrivano Aminur avremmo tre sistemi compatibili e sicuramente non banali. La stessa cosa varrebbe se costruissimo diversi sistemi che descrivessero Yineroni e Yangeroni. In realtà è sufficiente che almeno parte degli oggetti descritti dai sistemi siano compatibili. Immaginiamo infatti di costruire due sistemi per Aminur, uno in grado di descrivere Aminur e la sua discendenza maschile, e uno che descriva oltre a lui anche la sua discendenza femminile, i due sistemi saranno compatibili per quanto riguarda Aminur. Così per noi saranno compatibili due sistemi che abbiano una parte comune. Ovviamente però non avremo nessuna informazione sulle relazioni che intercorrono tra le parti non comuni. Prendiamo dunque due sistemi non banali e compatibili, e separiamo in ciascun sistema le parti comuni con gli altri dalle altre parti. Chiamiamo parte armonizzata la prima e non armonizzata la seconda. Ora scegliamo uno dei due sistemi a caso a cui riferirci (sistema canonico) e facciamo l'unione di tutti i mezzi delle parti armonizzate. Scegliamo un mezzo dal sistema canonico e consideriamo l'unione di questo mezzo con quelli della altra parte armonizzata. Essendo il sistema non banale si potrà costruire almeno una bi-riflessione (per l'implicazione fondamentale). Togliamo dall'insieme gli elementi contenuti nella bi-riflessione che non appartengano al sistema canonico e ripetiamo l'operazione. Alla fine del processo ci rimarranno in mano solo elementi appartenenti al sistema canonico e avremo creato un numero qualsiasi di bi-riflessioni. Queste riflessioni vengono chiamate unificazioni.
Immaginiamo di aver scelto uno dei due sistemi come canonico e che esiste un insieme di unificazioni da esso definito che abbia le seguenti caratteristiche:
1) In ogni unificazione è contenuto almeno una proprietà dell'insieme canonico.
2) Una proprietà dell'insieme canonico è contenuta solo in un unificazione.
Questo sistema canonico viene chiamato sistema di Noel
Presi due sistemi non banali e armonizzabili si chiamano connessioni di Noel tutte le unificazioni indotte da un sistema di Noel. Se non esiste un sistema di Noel tra i due inizialmente scelti, si parla di sistemi non Noel-connessi e non esiste alcuna connessione Noel.
La connessione di Noel è un mezzo molto potente perché praticamente ci assicura che i due sistemi usino parole differenti per esprimere concetti sostanzialmente simili. Possiamo infatti riferire una o più proprietà a una sola proprietà del sistema canonico, se in più anche l'altro sistema è di Noel avremmo un rapporto due a due tra i sistemi, e, praticamente, una corrispondenza diretta tra i mezzi. Ovviamente questi sistemi vanno presi con la dovuta cautela. Se io creassi due sistemi per la descrizione del tempo, uno con i mezzi [quantità di pioggia e numero dei raggi di sole], e l'altro con i mezzi [possibilità di vento] e [cose che Aminur non può fare a causa delle attuali condizioni di tempo] riuscirei comunque a instaurare, un rapporto uno a uno tra i due sistemi, ma esso non avrebbe alcun senso. Sembrerebbe allora che dobbiamo ancora appellarci al buon senso, come d'altronde potevamo fare fin da subito senza scomodare Noel. Ma allora perché tutto ciò. Per due principali motivi : uno perché abbiamo trovato un sistema formale che se ben interpretato ci legittima a fare affermazioni che altri (vedi Kraxen) non si sono preoccupati in alcun modo di giustificare. Il secondo motivo è che il sistema Noel, essendo formalizzato, ci permette di dimostrare implicazioni che non ci saremmo neanche sognati se avessimo continuato a usare l'intuizione. Vedremo queste implicazioni nei capitoli conclusivi del libro, quando parleremo di sistemi massificati, mentre ne prossimo paragrafo risolveremo il problema che ci ha assillato fin dall'inizio di questo capitolo.
Siamo giunti alla fine della nostra fatica. Ora siamo i grado di avere un metodo formale che ci consenta di affermare che se:
1) Una psico-entità è una qualsiasi entità dotata di un livello psichico o un complessità armonica.
2) Tutti gli oggetti spirituali sono generati dallo Yin e dallo Yang.
3) Un oggetto è un qualcosa che esiste di per sé.
Allora Yinerone (e anche unoYnerone) è una psico entità, nonché un oggetto logico nonché un oggetto spirituale. Si può dimostrare infatti che tutti e tre i termini sono delle riflessioni nei loro relativi spazi e che è possibile instaurare una connessione Noel a due a due tra i vari sistemi. Si parla in questo caso di triplice connessione Noel, e generalmente viene chiamato spazio armonico l'insieme di tutti i mezzi comuni ai tre sistemi. Gli oggetti di questo spazio saranno insiemi di tre riflessioni, tutte relative allo stesso oggetto, e così in generale sarà per tutti i mezzi. Ecco perché dire che uno Yinerone è uno Yinerone è corretto, perché uno Yinerone è un entità armonica, e perciò vive sia nello spazio logico, che in quello karmico, che in quello psicoscientifico.
Fine della prima fatica, ma la scienza è un lungo cammino, e lo spettacolo deve continuare.
(Mai scritto, NdOhm)
Capitolo 1: Introduzione, Prefazione
Capitolo 2: Logica, Psico-Scienza, Magia
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